LA MEMORIA DELLA TERRA

I nostri corpi vivono

ora

l’aridità della terra 

e l’arsura 

che spacca 

le zolle polverose.

I nostri corpi,

un tempo sorgenti

di acque 

impetuose di desiderio 

e d’emozioni,

si stanno asciugando;

solo il tuo amore

non vede

la sterile sabbia

che ricopre il tempo

delle nostre vite.

Non bastano

le lacrime

del mio dolore,

della mia rabbia,

a germogliare

nuova speranza

e sogni.

Noi saremo,

immobili,

nella memoria 

della terra.

Romano Pisciotti

ALANG

Abbiamo

camminato sul ferro:

nel metallo

non sono rimaste

le nostre orme

ma quel ferro

ha conservato memoria di noi,

dei nostri pensieri

e della solitudine.

Delle camminate in coperta

noi ricordiamo

il vento gelido,

forse

anche lo scricchiolio

della ruggine sotto i piedi

o l’odore di pittura

nei giorni di bonaccia;

la  nave ricorda i nostri passi

e ogni respiro,

quel ferro

ricorda il tempo,

i viaggi

‏e l’emozione

del rosso tremolio

del sole

in ogni tramonto…

sino alla spiaggia

di Alang

dove

la fiamma ossidrica

ferisce

la lamiera

e cancella

un pezzo

della nostra vita.

 


Romano Pisciotti

“RAPIDI E INVISIBILI PARTONO I SOMMERGIBILI”

(Lettera immaginaria di un marinaio siciliano)

Caro Beppe,

ti ricordi quando andavamo a pescarci il pranzo? Che sogno quel tappeto di vivi luccichii, prigionieri di piccole onde blu del mare sotto casa. Respiravamo l’aria azzurra del nostro paradiso e il dolce della zagara. Dagli scogli ci salutavano Marta e Linda, sbracciandosi in sorrisi d’amore, lanciavano baci e c’invitavano a tornare alle loro labbra.

Quanto tempo è passato? Mesi o secoli? Chiuso in questa latta ho perso il tempo mano a mano che la pelle si faceva sempre più bianca, ora sono anche dimagrito a fasoli e ragù puzzolente.

Ti scrivo senza sapere quando imbucherò questa lettera, ti scrivo senza sapere dove sei…volendo ti troveranno.

Marinai, non più pescatori.

Di Marta non ho notizie fresche, l’ultima lettera…anzi, le ultime otto lettere, le ho ricevute con due tue e una del parrinu: tutte insieme e con date già vecchie!

Don Luigi scrive che i miei stanno bene e Marta mi racconta di una vita   tranquilla al paese. Il nuovo Podestà è un galantuomo, è il

papà di occhi ncruciati …dovresti ricordarti lei, se non il padre.

Marta mi scrive parole di lacrime e d’amore. Alle sue lacrime aggiungo le mie.

Tu sei sempre imbarcato?   Della tua lettera ho letto ben poco: erano più le parti coperte da strisce di merda secca della censura…sei diventato un segreto di Stato! Forse anch’io ed è per questo che la posta non arriva più. Al rientro da ogni missione spero, comunque, di trovare qualche notizia dal paese e da te.

Da quando hanno saputo che ero il garzone del farmacista mi hanno nominato infermiere, l’equipaggio è ridotto al minimo indispensabile.

Non ho molto da fare in quel ruolo: ho curato qualche scottatura e ferita, più che altro devo curare tanta paura, che è la malattia più diffusa in missione, e qualche bozzu di chi ha misurato con la capa i piccoli spazi dei comparti. Mai nulla di serio, fortunatamente, perché l’infermeria è solo un armadietto nel quadrato ufficiali, non saprei che fare con un po’ di tintura e bende. Vero è che, per l’occorrenza, ci sono qualche laccio emostatico, un paio di pinze per ogni uso e un bisturi…prego Dio che non voglia mettermi alla prova! Forse ci sarà poco da curare se si può scoppiare come una bolla o morire di miciaciu senza un boccone d’aria.

A conti fatti preferisco i turni in cuffia ad ascoltare l’oceano, i pesci e le eliche grasse di qualche mercantile nemico. Io non ne ho ancora ascoltate, ma ho avuto la fortuna di sentire, per tempo, un’elica veloce e, probabilmente, malintenzionata: abbiamo smesso di respirare e le eliche sembravano formare una squadriglia sulla nostra testa. Loro dovevano avere altri impegni urgenti o sono stati così babbi da non trovarci. Lo “squalo”, il nostro Comandante, deve aver ben valutato che era meglio soprassedere o saremmo stati noi il loro pasto. Siamo stati “rapidi” ad acquattarci in modo “invisibili”.

Quando siamo risaliti, e il Comandante ha guardato nello specchio magico, il nemico era già troppo lontano per la nostra velocità. Forse questa parte della lettera la cancelleranno, ma le cose sono andate così… per una volta. Con lo Squalo ci siamo già ben distinti per il naviglio affondato.

Caro amico, andiamo per l’Oceano in questo bidone a caccia di ferro d’affondare e carne da macellare…Dio ci perdonerà? Ogni volta speriamo di non essere noi i vitelli da sacrificare!

Nelle notti senza Luna possiamo salire in coperta a respirare l’ aria dell’Oceano. Respiro profondamente, ma non sento nessun profumo…almeno non si sente puzza d’umani, di gasolio e cipolle….sento solo fresco sul viso e sono già, solo così, beato…felice d’esser vivo!

L’Oceano è solo uno sciacquio infinito e buio, almeno è quanto riesco a vedere. Forse dovremmo dargli rispetto, invece gli caghiamo dentro, appesi fuoribordo come sul trespolo di un pappaiaddu…forse è per questo che spesso s’incazza…e quando s’incazza, se non scendiamo come una balena, ci strappa le budedda…ma non è brutto come quando mirica o inglisi fan chioviri bumme.

Prego Sant’Agata, che mi raccomandi a Dio per non farmi morire qui, senza fussuni ne’ lapide.

Sott’acqua mi sembra di perdere l’anima, come se non scendesse con noi, solo il corpo rimane prigioniero nello scafo.

Lo Squalo ha visto qualcosa…trafficato questo mare grande! Debbo lasciarti, si va all’attacco!

Un abbraccio

Antonio

*Il mare lento

è nero e unto

di bava della morte.

Quando Nettuno

non accende la Luna

è tempo

di lupi affamati

che mordono

senza dare scampo.

Il mare lento

inghiotte,

con rantoli

di macabri sbuffi,

gli sconfitti

della notte,

mentre l’alba

festeggia

nuovi eroi.


(SCONFITTI ED EROI

di Romano Pisciotti)

CARNE DA CANNONE

La luna buia

nasconde

la mano della morte

stretta nei silenzi

delle bocche aperte

che hanno vomitato

sangue e vita.

Nelle trincee,

nei fossati puzzolenti

o nelle cariche ardite,

la morte sorprende

anche la paura!

Negli occhi impietriti

dei fanti

la Luna può leggere

le loro brevi vite,

i vergini amori

e l’ultimo terrore.

 

 

Romano Pisciotti

IL MARE

Il mare

lava le anime

e disperde i corpi

degli eroi

e dei cristi affogati,

macina pietre

ferro e legno.

Mistero di pallide Lune

e incanto di luci

nei colori dell’alba

e d’ogni tramonto.

Stagioni di passione

per giovani marinai,

mani

di vecchi pescatori

corrose dal sale

e dalla fatica.

Acque infernali

buie di tempesta,

carezze

di brezza e profumi.

Mare

dei grandi navigatori,

dei combattenti,

degli innamorati

e dei sognatori.

Mare…

per due sdraio

e un ombrellone!


Romano Pisciotti

AUGURI PROFESSORE!

Il peso degli anni non riesce a piegare chi all’insegnamento ha dedicato la vita…

così per il nostro carissimo professore di Costruzioni e Arte Navale che oggi festeggia onomastico e compleanno.

Io penso che l’emerito professore abbia contato, per un lunghissimo tempo, gli anni scolastici più brevi dell’anno solare; forse per questo ha meno giorni sulle spalle!

Il professore, e poi Preside, deve aver scandito i giorni con il suono della campanella e diviso le ore con le vite di migliaia di giovani studenti…che lui ha sempre considerato discepoli. Le sue lezioni erano lunghi racconti farciti di nozioni, esempi e raccomandazioni. Non ha mai dato un compito a casa, ma le ore di lezione andavano ben oltre le materie specifiche e ci ha preparato per il compito più difficile: la vita!

Auguri professore!

Romano Pisciotti

 

L’anima a Nettuno

Una nave

che affonda

in lenta agonia

cede l’anima

a Nettuno

con urla

di lamiere

e pause di silenzi

piene di dolore.

Ferita mortalmente

abbassa la prua

verso la paura

del profondo buio.

Abbandonata

dagli uomini

al destino eterno

del freddo

dell’abisso,

cede al peso

della vergogna

e del rimpianto.

Il tempo affonderà

anche il ricordo

di bandiere,

d’orizzonti infiniti

e l’orgoglio

di un nome.

Solo qualcuno porterà

il dolore del rimorso

o la rabbia contro

un destino avverso,

fino a quando

anche il suo cuore

diventerà ruggine.

 

Romano Pisciotti

L’INGANNO

L’inganno

è quel cuore

che corre

che ricorda

il miele

delle tue labbra

e il sale

di viaggi per mare.

L’inganno

è tutto ciò

che il cuore

ancora insegue

in battiti,

passioni e gioie.

L’inganno

sono i secondi

che battono uguali

e mai rallentano,

è quel cuore

che corre

e che ancora

desidera

miele e sale.

L’inganno

è averne basta,

non per scelta,

ma per quel dolore

nell’ossa

e i muscoli

stanchi.

L’inganno è

il cuore che corre

e un vecchio

che non lo segue.

L’inganno

è il breve dono

della forza

e della bellezza,

è il lungo riscatto

della rosa appassita

e dell’agonia.

 

Romano Pisciotti