PAURA DI TRUMP?

L’Europa ha facilitato e in parte finanziato lo spostamento fisico di aziende (es. verso la Polonia), ha facilitato lo spostamento virtuale di aziende (es. sede fiscale in Olanda).
Si è favorita la de industrializzazione di alcuni paesi, Italia in primis. Si sono svenduti asset, Grecia in primis. Si è favorita l’economia tedesca con l’euro: con un tasso fisso ha evitato la rivalutazione del marco, che avrebbe frenato l’export tedesco. L’Europa non si è opposta all’estensione della NATO a est, svegliando l’orso russo e ha invitato nella UE paesi economicamente ben lontani dall’economia dell’Europa centrale. La UE ha rinunciato al gas russo a basso prezzo e ha destabilizzato la propria economia con le politiche verdi (auto elettriche imposte per legge). La UE sta favorendo il riarmo della Germania e le spese militari di tutti i paesi per la difesa, ma ha già mandato le navi militari nel mar cinese per esercitazioni NATO (chi vogliamo difendere lÌ?).
La globalizzazione (…e la politica interna all’Europa) ha creato concorrenze basate sulla ricerca di manodopera a basso costo più che sulla capacità di produrre meglio (es. FIAT in Polonia, IVECO in Spagna). La UE ha favorito l’immigrazione incontrollata e clandestina. La UE ha indirettamente finanziato la crescita della Cina…oggi si ha paura del dragone e dei dazi di Trump: la Cina è pericolosa e Trump è pazzo…invece noi siamo stati intelligenti!!!😡

Romano Pisciotti 

Il viaggio di Ursula e il viaggio dell’Europa

Ci siamo “armati” di diritti civili con tanti altri buoni propositi e…illusioni: “Occorre limitare le importazioni dai paesi autocratici”, peccato che la democrazia faccia difetto in tutto il globo. Limiteremo gli scambi commerciali con la Russia, forse pensando che Arabia Saudita, Cina, India, Brasile, Egitto e tutti i paesi africani siano paradisi di libertà.

Contando le teste, si può ben dire che quasi la metà del mondo si sveglia pensando a come mettere insieme il pranzo con la cena, mentre per una larga parte dell’umanità, il solo pranzo è già un problema. Contando le teste, il fabbisogno di materie prime, grano compreso, è la catena al piede per molto più della metà del mondo! Contando le teste, troppe di loro non conoscono la democrazia e sono più interessate al pane.

Paesi che esportano petrolio devono importare grano e quasi tutti i prodotti alimentari; ci sono paesi che hanno bisogno di petrolio, grano e acqua, riuscendo a coltivare solo la miseria; ci sono paesi che importano quasi tutte le materie prime e hanno bisogno di esportare ciò che producono, per coltivare il loro benessere.
Morale della favola: i flussi commerciali non possono fermarsi, come non si potrà fare un distinguo tra paesi democratici e autocratici.

L’idea di esportare democrazia con i bombardieri, oltre ad essere un tragico controsenso, non può essere una via percorribile.
La globalizzazione ha solo spostato ricchezze e povertà, lasciando quasi invariata la somma, spesso creando solo degli ologrammi di libertà e benessere o innescando appetiti e illusioni…alcune pericolose. Dunque, neppure questa è la via.
Il chiaro fallimento di queste “vie”, voglio sperare che non porti alla terza strada: la guerra mondiale!

Sfidare il potenziale nemico non è un buon sistema per cercare la pace: minacciare o tacere non sono, certo, il modo di porsi, ma sanguinare per sanzioni a doppio taglio e, contemporaneamente, mostrare i muscoli flaccidi, rende ancor più paradossale la politica. Non sono soluzioni, ma espedienti, le armi sottobanco, la minaccia di surreali tribunali. Neppure è intelligente l’alleanza, senza se e senza ma, con chi sta combattendo una guerra a distanza per il predominio imperiale, più che per la libertà dell’Ucraina…forse qualche se o ma dovremmo dirlo.

L’Europa, unita nei dibattiti e ancora troppo divisa negli interessi, non può comunque tacere, non può essere indifferente a una guerra sotto casa, ma scegliere un campo non può portare alla pace, forse, porterà solo al coinvolgimento diretto nella guerra sul terreno e nei cieli che, palesemente, non siamo in grado di combattere: onestamente, aldilà dei pochi militari professionisti, pensiamo veramente di avere armi ed eserciti adeguati? Anche se così fosse, veramente crediamo che la possibile distruzione totale possa essere la soluzione?

Il Pianeta non è piatto, venti e correnti scivolano sulla sua pelle e nelle sue vene, come i prodotti della terra dovrebbero scorrere in base ai bisogni, senza confini e dazi, ma questa visione è l’utopia che ci hanno venduto per mascherare commerci e sistemi finanziari scellerati: la global economy! Ora rischiamo lo scempio finale: la guerra…solo perché le diplomazie non hanno il coraggio di ammettere il fallimento dell’utopia, non vogliono ammettere che da anni, i nostri alleati, stavano armando l’Ucraina e che da anni si stavano usando le aspirazioni, sacrosante, di un popolo per preparare lo scontro tra imperi. Tutti noi non abbiamo il coraggio di ammettere che, anche a casa nostra, i diritti sbandierati sono stati, e sono, troppo spesso lo zucchero per il solo consenso elettorale e, ora, ci vestiamo della bandiera arcobaleno.

Forse, la strada è rispettare il nostro vicino: con il tempo, come nella Vecchia Europa, i diritti cresceranno anche nell’orto del vicino, insieme al benessere… e a un poco di democrazia, di cui nessuno è campione!
Le differenze economiche e politiche si appianano con l’esempio e il progresso: processo lungo ma sicuro. In quanti secoli abbiamo costruito il nostro benessere, tra tempi bui e splendide rinascite? Oggi il mondo corre più veloce e non ci vorranno secoli per altri passi avanti dell’Umanità, ma dobbiamo cominciare, mostrando ciò che abbiamo acquisito, senza mordere nessuno.
Se, veramente, miriamo a una più equa distribuzione del benessere, con lo scambio pacifico dei beni naturali e industriali, non possiamo limitarci ad affrontare i problemi dividendo l’Umanità in buoni e cattivi, in aggressori e aggrediti: lasceremo terreno solo per i lupi.
Pur essendo mostruosamente triste vedere le lacrime di madri, non dimentichiamoci di quante lacrime siamo stati responsabili e quante lacrime abbiamo pianto, dunque, smettiamo la strafottente e boriosa idea d’essere i migliori, o di pensare d’essere con i migliori: troviamo il coraggio di abbandonare il pregiudizio o il ricatto, andiamo a Mosca e a Washington.
Cara signora Ursula, consolare le madri è doveroso, ma affrontare il problema è necessario!…A Kiev non c’è la soluzione.
Se, come credo, l’Europa ha qualche cosa da dire e può fare qualche cosa per il mondo, che lo dica senza belare, che lo faccia senza paura.
Non basta confezionare discorsi pomposi, occorre trattare, dimostrando di aver voglia di farlo, mediare offrendo e chiedendo. Se un buon compromesso deve lasciare tutti, almeno in parte, soddisfatti…l’Europa che cosa è disposta a concedere e a chiedere a entrambi i contendenti?

La partita non si gioca in Ucraina, ma su tutto il continente, forse su tutto il mondo: dovremmo smettere di chiedere a Cina e India da che parte vogliano schierarsi, ci si schiera in guerra ed è quello che vorremmo evitare; dovremmo chiedere, invece, cosa siano pronte a fare per fermare questo scempio e attivare i flussi commerciali di un’economia sostenibile. Naturalmente, dovremo chiederlo, prima che ad altri, a Vladimir e a Joe…e chi è senza peccato, scagli il primo missile nucleare.

Romano Pisciotti

L’ARROGANZA DELLE IDEE

Quando frequentavo le scuole medie, un’era geologica fa, i mie genitori lavoravano entrambi, così, dopo la scuola, raggiungevo la vicina abitazione della nonna; presto fu chiaro ai miei che la troppa accondiscendenza della nonna non favoriva il tempo dello studio e decisero che, nel pomeriggio, avrei frequentato una specie di doposcuola presso l’abitazione di un anziano professore, già in pensione, che accoglieva, più per passione che per lucro, studenti di ogni età.

Ricordo bene quel grande salone, dove il professore assisteva ragazzi più grandi di me, passando dal greco per i liceali alla contabilità per i ragionieri…io, forse un po’ la mascotte del gruppo, mi limitavo a qualche semplice esercizio di grammatica e matematica.

 In quei pomeriggi non mancava nulla: dai bisticci del professore con la moglie, la quale vigilava sul numero di “Nazionali” spipazzate dal marito, alle incursioni del gattone di casa in cerca di coccole, agli affascinanti racconti di vita vissuta ai quali il professore, ogni tanto, si abbandonava.



Alcuni racconti mi sono rimasti nella mente e li ricordo bene, tra questi la drammatica narrazione della ritirata dell’Esercito Italiano dalla Russia, vissuta dal professore come giovane tenente.



Fortunatamente per i nostri soldati, l’incalzare dei Russi lanciati all’inseguimento delle colonne dell’Asse, appariva, nei racconti del professore, più devastante per i soldati tedeschi…anche se il gelo e la fame fecero anche peggio della vendetta russa.
 Ben vivo era il ricordo della provvidenziale e inaspettata accoglienza offerta al piccolo e isolato drappello di soldati italiani: la miseria di quelle poche case non fermò la pietà e i soldati furono rifocillati e riscaldati, più dal tenero senso cristiano che dal poverissimo (…e ben poco) cibo condiviso.



Negli anni ho aggiunto altri racconti e letture che hanno confermato esperienze simili vissute da molti dei nostri soldati.
 Forse anche per la devastazione fisica e morale subita, alcuni militi italiani, al primo contatto di ritrovata umanità, preferirono fermarsi in quei territori… come narrazioni cinematografiche hanno ulteriormente messo in scena, distaccandosi dal mito e dalle credenze sensoriali di spose rimaste sole in Italia.



Andando a ritroso nel tempo troviamo fatti storici e tendenze che hanno certamente plasmato legami tra il popolo italiano e quello russo, sin da prima che gli italiani si riconoscessero in una nazione e i russi nell’Unione Sovietica: i legami tra Genova e Venezia negli antichi commerci, le diplomazie, gli scambi culturali, l’amore per l’arte, la danza e l’opera… così via da secoli, sino alla nascita del più grande partito comunista dell’Occidente (PCI), alla FIAT 124 costruita in Russia e, con meno gloria ma intatto spirito, lo spopolare delle canzonette italiana nei paesi dell’Est. Persino la cortina di ferro fu meno impermeabile al gusto, alla bellezza e al commercio italico!



La storia rimane scritta più spesso sul ghiaccio che nella pietra e i fatti, come i misfatti, ci hanno portato ad alleanze molto lontane da quel primo riconoscimento del neonato Regno d’Italia da parte dell’Impero Russo (1862).


L’Italia fascista fu tra i principali acquirenti di petrolio sovietico tra il 1925 e il 1935, dimostrando come le differenze ideologiche non impedissero lo sviluppo di fruttuosi rapporti economici tra i due Paesi. Purtroppo il secondo conflitto mondiale portò l’Italia a combattere, con gli esiti di cui sopra, a fianco della Germania di Hitler contro l’URSS segnando il punto più basso delle relazioni tra Mosca e Roma, dopo il fallimento della possibile intesa con Stalin tentata da Mussolini, tra il 1939 e il 1941, per smarcarsi dal controllo tedesco.



Siamo lontani da quei tempi, siamo lontani anche dai tempi della Guerra Fredda, ma i carri armati russi hanno ripreso a rombare, muscolosi e aggressivi.



Sono anni che l’Unione Europea persegue l’estensione dei suoi confini a est, non sempre a beneficio dell’economia italiana, sicuramente perseguendo le dottrine dell’economia globale.
 L’economia cammina, troppo spesso, poggiando anche su esercizi di potenza militare, pratica ben sviluppata dagli USA nella nuova interpretazione dell’Impero e della Pax Romana.
 Forse l’Ucraina è stata illusa dal miraggio di nuove alleanze con promesse economiche e militari…forse le promesse erano una trappola per l’orso siberiano diventato troppo grasso… forse si è giocato d’azzardo pensando che in tutto il mondo esista un pensiero unico.



Subiremo il riflusso delle pesanti sanzioni applicate alla Russia, che lasceranno indenni gli Stati Uniti, ma questo è ancora un problema gestibile. Se continueremo a non vedere, in questa tragica vicenda, anche le responsabilità degli USA, dell’Europa e dello stesso Governo ucraino rischiamo di partire per una crociata…senza ritorno.



Caro vecchio professore, uomo buono e onesto, se un Dio esiste, ti avrà accolto malgrado qualche tua divergenza dalla pratica religiosa.
 Tu guidavi i tuoi allievi al ragionamento, senza fermarsi alle dottrine e alla propaganda o alle facili emozioni del momento. Oggi, qui, studiamo poco la storia e ancor meno la filosofia e il greco o il latino; oggi andiamo di corsa, anzi di fretta, e amiamo il precotto e il preconfezionato…anche per la comunicazione, il che non sarebbe del tutto una novità se i deficienti cognitivi non fossero diventati una pericolosa maggioranza.
 

Tu che hai vissuto la povertà e la carità, insegnavi l’umiltà…oggi dispersa nell’arroganza delle idee.

Romano Pisciotti

 

 

 

La “Spotenza” europea

Limesonline è il sito di Limes, la rivista italiana di geopolitica (il nome deriva dal latino limes, che significa “confine” – vai alle risposte alle domande frequenti-FAQ) fondata e diretta da Lucio Caracciolo.


La rivista esce ogni mese ed è disponibile online, in queste edicole, in queste librerie, in ebook e su iPad.


Nel 2021 è nata la Scuola di Limes, una Non-accademia di geopolitica e di governo aperta ai giovani laureati ma anche ai quadri e ai dirigenti pubblici o di imprese private che ogni giorno si confrontano con il mondo. Per informazioni sulla Scuola di Limes, scrivi a info@scuoladilimes.it e visita il sito www.scuoladilimes.it


Limesonline offre approfondimenti esclusivi di carattere geopolitico sui principali fatti internazionali, rappresenta la continuazione on line della rivista e fornisce tutte le informazioni sul mondo di Limes.

 

Presentata da romano pisciotti

Come ci divide la moneta unica

L’euro vent’anni dopo:

La frustrazione di dover cercarsi su internet squisiti esercizi di pensiero sapendo che sulla televisione di stato si fanno manicaretti e balli con le stelle.

“L’Italia è un Paese decisivo su scala mondiale, ma non lo sa e preferisce non saperlo”, dice Lucio Caracciolo, fondatore e direttore dell’autorevole rivista Limes.

“Il nostro Paese è importante per almeno due ragioni. Primo, da noi dipende il futuro dell’euro. Secondo, l’Italia è alla frontiera fra Ordolandia e Caoslandia, ultima appendice del mondo relativamente ordinato e benestante tra Africa e Medio Oriente. E oggi, al di là del Canale di Sicilia, troviamo due imperi affacciati al centro del Mediterraneo, Russia e Turchia, che stanno riscoprendo antiche ambizioni. Ci attendono sfide enormi, ma non ce ne rendiamo conto”.

QUALE EUROPA CONVIENE ALL’ITALIA:

Presentato da Romano Pisciotti

FUTURE: AFRICA !!!…FUTURO: AFRICA !!!!

 

By Salih Booker and
Ari Rickman

(Versione originale con traduzione in italiano e miei commenti. Romano Pisciotti)

Beginning in 2035, the number of young people reaching working age in Africa will exceed that of the rest of the world combined, and will continue every year for the rest of the century. By 2050, one in every four humans will be African. At the end of the century, nearly 40 percent of the world’s population will be African. Yet, instead of preparing to build a relationship that can grow with the continent, based upon diplomatic cooperation, the United States is doubling down on more than a decade of reliance on its military as the primary vehicle of engaging with Africa. The consequences, as one might expect, are overwhelmingly negative.

A partire dal 2035, il numero di giovani che raggiungono l’età lavorativa in Africa supererà quelli del resto del mondo messi insieme e continuerà ogni anno per il resto del secolo. Entro il 2050, un uomo su quattro sarà africano. Alla fine del secolo, quasi il 40% della popolazione mondiale sarà africana. Eppure, invece di prepararsi a costruire un rapporto che possa crescere con il continente, basato sulla cooperazione diplomatica, gli Stati Uniti stanno facendo affidamento sulle proprie forze armate come principale veicolo per impegnarsi con l’Africa. Le conseguenze, come ci si potrebbe aspettare, sono assolutamente negative.

 

The impending demographic dividend will only add to Africa’s economic importance. Since 2000, at least half of the countries in the world with the highest annual growth rate have been in Africa. By 2030, 43 percent of all Africans are projected to join the ranks of the global middle and upper classes. By that same year, household consumption in Africa is expected to reach $2.5 trillion, more than double the $1.1 trillion of 2015, and combined consumer and business spending will total $6.7 trillion.

L’imminente crescita demografica non farà che aumentare l’importanza economica dell’Africa. Dal 2000, almeno la metà dei paesi al mondo con il più alto tasso di crescita annuale si trova in Africa. Entro il 2030, il 43% di tutti gli africani è destinato a entrare nelle fascia delle classi medie e superiori globali. Entro lo stesso anno, il consumo delle famiglie in Africa dovrebbe raggiungere i $ 2.5 trilioni, più del doppio di $ 1.1 trilioni del 2015, e la spesa congiunta di consumatori e imprese ammonterà a $ 6.7 trilioni.

Romano Pisciotti: …e l’Europa sta a guardare, preoccupandosi solo di raccogliere qualche disperato dal mare.

Tutto questo mentre la Cina sta investendo in modo massiccio nel continente.

… and Europe is watching, just worrying about picking up some desperate people from the sea.

All this while China is investing heavily on the continent.

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