Italia e Turchia hanno firmato 9 accordi per «rafforzare la cooperazione», ha poi spiegato Erdogan. Il presidente turco ha fatto sapere che l’obiettivo per quest’anno è arrivare a un’interscambio economico di 25 miliardi di dollari.
SE SERVE, I DITTATORI DIVENTANO ADDIRITTURA NOSTRI AMICI.
Di Cristiano Donelli
Continua l’affannoso tour internazionale dei nostri vertici e Draghi va a trovare l’autocrate Erdogan con cui, dopo le schermaglie iniziali, sembra sbocciata una relazione speciale.
Nell’aprile 2021, quando le conferenze stampa di Draghi erano accolte da imbarazzanti standing ovation dei giornalisti in sala, destò scalpore la definizione di “dittatore” data dal nostro premier con quella naturalezza che non si è mai capito sia strafottenza, ingenuità costruita o semplicemente incapacità comunicativa.
Già allora però i più attenti avranno notato che, nonostante l’appellativo audace, Draghi stava dicendo che anche con loro bisogna avere il coraggio di collaborare per affrontare le sfide globali.
In realtà la distinzione non è mai stata fra buoni e cattivi per chi fa parte da sempre dell’establishment internazionale come SuperMario, che più che salvatore della Patria (italiana) si può considerare il primo avvocato difensore, nonché centravanti di sfondamento, degli interessi dell’alleanza militare atlantica.
Ci sono dipendenze che vanno malissimo, senza giri di parole quella con la Russia, perché sono cattivi, guerrafondai, irrispettosi di ogni principio democratico, retti da un sanguinoso despota che usa anche le leggi per rimanere al potere.
Ce ne sono altre invece che hanno le stesse caratteristiche citate prima, identicamente, però con dimenticanza selettiva ed irrigidimento alle domande di giornalisti che in maniera scellerata provano a fare domande su elementi palesi come elefanti in cristalleria.
Il gas che passa dalla Turchia si bagna inaspettatamente di democrazia, le armi che il loro esercito compra costantemente dal nostro mercato sono sacrosante e hanno pure il bollino Nato, il rubinetto delle migrazioni verso l’Europa che l’amico Recep apre e chiude vede serenamente le persone come mera merce di scambio.
In uno schema di comportamento così flessibile tutto può accadere, soprattutto perché questi governanti si accorgono che con non troppa difficoltà riescono a coprire nell’opinione pubblica queste incongruenze estreme con una parvenza di super competenza e di giustizia super partes.
Il sogno europeo non era certamente quello di avere un’unione di territori che fosse alla mercé delle strategie di chi non ha a cuore i valori della pace.
Dopo che si è fatto entrare chiunque creando gravi problemi di gestione delle politiche comuni, ora si pensa pure di allargarsi all’Ucraina solo per strategie geopolitiche (di altri) e non per l’insieme di regole che ci siamo dati, fra cui l’imprescindibile rispetto dei valori democratici.
Ci mancava solo di avere un rapporto privilegiato con la Turchia di Erdogan e il quadro di stravolgimento dei valori e di insulto all’onestà intellettuale delle persone è compiuto.
(presentato da Romano Pisciotti)